'MAKARIA'
La schiava liberata
Salendo per il centro storico, superati i primi scalini troverete un cartello con scritto Taverna ‘MAKARIA’. La taverna è aperta da ormai qualche anno e devo confidarvi che sono stata sempre incuriosita da questo nome, di origine greca, ma non ho mai avuto l’opportunità di sapere da dove provenisse.
Fino a qualche giorno fa, quando finalmente ho intervistato Marina e ho potuto chiederglielo.
Marina mi ha sorpreso molto. È incredibilmente preparata sulla storia antica, di Artena e non solo. Mi ha mostrato un’incisione rinvenuta negli scavi, durante i lavori di ristrutturazione del locale.
In questa tabella in marmo in cui si legge in caratteri romani ‘TAVERNA MAKARIA’. Il nome è di origine greca e si tratta di una donna, vissuta in epoca romana, in particolare di una ‘LIBERTA’.
Come mi ha spiegato Marina i liberti erano quelle persone che erano state liberate dalla schiavitù, che in epoca romana era legale, e pertanto avevano guadagnato lo stato di uomini liberi.
La taverna è arredata con cura nei dettagli, pulitissima e ristrutturata nel rispetto dell’architettura del borgo Artenese. Il pavimento d’entrata è stato lasciato con le pietre originarie, i tipici sassi Artenesi bianchi, tirati a lucido e stuccati ad arte dai muratori chi vivono nel Paese.
La cucina è attrezzata e ordinatissima, e Marina prepara tutti i piatti di pasta rigorosamente a mano.
E’ una donna solare ma percepisco in lei una fermezza interiore ed una determinazione, che è propria degli Artenesi, ma in che lei trapela in ogni dettaglio: dal menù ricercato e scritto sulla lavagna, dal tovagliato, dal colore delle travi in legno e dagli arredi.
Come infatti mi ha confessato, ha lavorato per una grandissima azienda che ha sede a Colleferro, ritrovandosi lungo una linea di montaggio ad imballare pacchi di cartone per otto ore al giorno. Un luogo di lavoro dove la pausa era consigliata ad un tempo prestabilito, in cui non ci si poteva allontanare se non per andare in bagno, e in cui lei si è sentita soffocare. Marina, dopo pochissimo tempo, da lì è fuggita.
In pieno Covid, Marina, supportata da suo marito e dai suoi figli, si è rimboccata le maniche, in senso letterale, e pur di non tornare indietro, ha da sola effettuato la ristrutturazione del locale, improvvisandosi muratore, pittore e qualsiasi cosa fosse necessario pur di riuscire.
Quella di Marina è la storia di una donna ferma e forte, che lotta con il sorriso sulle labbra, l’occhio sveglio e l’attenzione sempre all’erta, non per il successo, per la fama o per il denaro, ma per la sua libertà, per la realizzazione dei suoi sogni, e per essere d’esempio ai suoi figli.
Non gliel’ho chiesto ma sono sicura che sia lei il pilastro della sua famiglia.
E’ una donna che non si lamenta, ma dietro i suoi modi gentili, il suo sorriso, si nasconde la fermezza interiore di chi ha visto la schiavitù e si è liberato con le sole proprie forze e non vuole in nessun modo tornare indietro.
Lei con i suoi capelli ricci, i suoi tratti mediterranei, il suo abbigliamento semplice rappresenta la liberta che si è affrancata e ora dedica tutta sé stessa alla realizzazione del suo sogno, che già ha realizzato.
È lei che ha riportato in vita Makaria. La distanza del tempo si è affievolita tra le due e la ‘LIBERTA’ rivive in lei e grazie a lei.
VALERIA LEOPARDI
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