L'accoglienza

Ci sono delle parole che, più di tante altre, racchiudono in sé e suggeriscono un’intera tavolozza di  sensazioni  ed emozioni.  Una di queste è la parola Accoglienza: a pronunciarla e ad ascoltarla, suggerisce l’idea di braccia aperte pronte a stringerti, del sorriso di chi ti attende sulla soglia di casa, di un tavolo apparecchiato in attesa  dei commensali.

Trascorrere del tempo in un  albergo, una pensione, o una casa vacanza, in qualsiasi posto insomma che non sia la propria casa, per quanto piacevole possa essere, non è esente da un sottile senso di nostalgia del proprio nido e il benessere che se ne ricava è direttamente proporzionale alla capacità di chi ti ospita di farti sentire a tuo agio. È qui infatti che l’Accoglienza, quasi incarnazione di un’antica divinità del focolare, si impone in tutta la sua importanza. Perché l’Accoglienza non è solo un benvenuto corredato da un sorriso stereotipato o  un mazzo di chiavi frettolosamente consegnato sulla porta; l’Accoglienza è l’insieme di tutti quei piccoli dettagli, talvolta impercettibili che, anche se inconsapevolmente, ti danno la sensazione di essere “a casa”.

Ecco perché il lavoro dell’ospite, inteso come “colui che ospita” (definito più comunemente host) è così difficile e delicato e, a ben vedere, non si tratta affatto di un lavoro, bensì di una vocazione se non proprio di un’arte poiché non si svolge senza la capacità innata, che è quasi un dono, di far stare bene l’altro, cioè l’ospite, questa volta inteso come “colui che viene ospitato”. Non sarà neanche un caso che la parola ospite abbia questo duplice significato come se tra ospitante ed ospitato si suggellasse un patto di complicità basato per l’uno su una tacita richiesta di benessere e per l’altro sul sincero impegno a fornirglielo.

Accoglienza significa dunque non solo aprire la porta e far entrare le persone, significa anche e soprattutto fare in modo che l’ospite non si senta mai un estraneo, significa essere all’ascolto dei suoi bisogni e delle sue richieste, garantire una presenza costante e discreta, significa, in definitiva mettere a disposizione ciò che si vorrebbe prima di tutto per sé stessi. Perché non basta accogliere le persone con un sorriso se quel sorriso non sottintende il calore di un abbraccio.

Chi è andato anche una sola volta ad Artena, accolto da Roberto e Valeria, non può non aver riscontrato quanto sopra descritto perché in entrambi sono evidenti  quella vocazione all’Accoglienza,  quel sincero desiderio di far stare bene le persone, di farle sentire parte di un nucleo caloroso e ospitale, quella dedizione all’ospite che stimola il desiderio di tornare una volta ed un’altra ancora e sempre più spesso perché ancora oggi, in un mondo che sembra diventato sterile di emozioni genuine, la Gentilezza, in certi luoghi, regna ancora sovrana.

Anamar

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